Officina dell’arte: Renoir e la gang del pennello
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Jersey Bounce – Jan Savitt & His Top Hatters
Se sei capitato su questo articolo, le opzioni sono due: o stai preparando una tesina sull’Impressionismo e stai cercando qualche riassunto miracoloso che ti spieghi quello che avresti dovuto studiare in quattro mesi; oppure sei un inguaribile romantico fanatico dell’arte – sappi che già andiamo d’accordo -.
Per entrambi i casi, metti in cuffietta la soundtrack, per calarti insieme a noi, nella Francia del 1800, tra capelli acconciati, papillon e un ardente sentimento rivoluzionario.
Un pennello…
È proprio in mezzo a questo clima festoso e passionale, che nasce Pierre-Auguste Renoir: uno degli impressionisti più influenti e gioiosi del secolo – ma di questo ne parleremo dopo -.
È apprezzato fin da subito, da quando ancora si dedicava ai disegni floreali sulla porcellana nella bottega di Lévy – fare i disegni cretini sulle mani degli amici, vale lo stesso?
La bottega fallisce e si ritrova costretto a mettersi in proprio.
È in questo periodo che nascono le prime collaborazioni che, con qualche soldino in più in tasca, gli permettono di seguire un corso serale di disegno.
Entra nel 1862 all’Accademia delle Belle Arti, dove conosce Monet, Sisley e Bazille – la sua gang –, con cui frequenta il Café Guerbois – noto rifugio per intellettuali e artisti – e a dipingere en plein air.
Insomma, potremmo riassumere questa parte della sua vita come aperitivi intellettualoidi e pic-nic.
Ed io, che con i miei amici, mi accontento di un giro a Trastevere…
Parte per un viaggio in Italia, alla scoperta delle arti classiche, visitando Roma, Palermo e Napoli – ammetto di aver provato un brivido di patriottismo -.
Renoir, agli inizi del ‘900, è un artista affermato e incomincia a soffrire di artrosi che, in breve tempo, lo conducono ad una grave deformazione delle mani.
E voi direte: “ Renoir, mio caro, sarà il momento di trovarsi un altro hobby?”
La sua risposta sarebbe qualcosa del tipo: “No. Mi lego i pennelli ai polsi. Anzi, sai che c’è? Mo mi metto a fare anche lo scultore!”
Infatti, avvia una collaborazione con Richard Giuno, realizzando una quindicina di opere sotto il suo aiuto.
Completa la sua opera Le Bagnanti – lo cito perché palese ce l’hai anche tu sul libro di arte – e muore di arresto cardiaco nel 1919.
… una tela
«Se non mi divertissi, non dipingerei affatto!»
– Pierre-Auguste Renoir
Così risponde, Renoir, alle accuse del suo maestro Gleyre, che lo vede troppo poco serio al lavoro.
Per lui l’arte è bellezza, gioia e stupore di fronte all’immensità del creato.
Infatti, nei suoi lavori non c’è traccia di protagonisti malinconici e meditabondi. L’oscurità è gettata da una parte, per fare spazio, piuttosto, a colori vivaci, forme indefinite e personaggi sereni.
Bisogna cogliere l’attimo. Questo è il concetto alle fondamenta dell’impressionismo: prima è qualcosa e l’attimo successivo è altro ancora.
Bisogna essere veloci nel fotografare l’immagine, per non rischiare di perderne l’essenza e rimanerne fedeli.
Ci basterà vedere dipinti come Bal au Moulin de la Galette , oppure, Le déjeuner des canotiers, per entrare a far parte di uno scenario borghese e festoso di un pomeriggio tranquillo e senza impegni.
L’arte di Renoir, e più in generale degli impressionisti, rappresenta prima ed ora, una porta di accesso ad un mondo che non conosce infelicità e noia. Un mondo in continuo movimento, che si evolve e matura nelle figure e nella luce.
Cosa non darei per bere un tè tra quei canottieri!
Scritto da: Laura Cervelli 5D