Officina dell’arte: Canova e i cliffhanger
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Maradona” – Canova
“Antonio Cassano –perdonatemi, Canova, Antonio Canova– è un’artista di origine friulana, attivo tra la seconda metà del Settecento ed i primi anni dell’Ottocento; aderì alla corrente artistica che prese il nome di Neoclassicismo.”
A grandi linee, questo è quello che recita il mio libro di storia dell’arte, in modo del tutto asettico e tristemente tautologico –adoro i paroloni-, introducendo l’artista di cui parleremo oggi.
Ora, essendo passato da pochi giorni il duecentesimo anniversario della sua morte, ed essendo uno dei miei artisti preferiti, proviamo a renderlo più simpatico.
Bambino prodigio
Cominciamo dicendo che, per fortuna, il buon Antonio “Cartonio” Canova non si è mai spinto oltre la scultura, perché avrebbe superato di gran lunga i suoi contemporanei, se si fosse occupato anche di altro; amava quindi i sassi e ciò che creava da essi.
Un bel giorno, mentre scolpiva con il burro una statuetta di Taylor Swift, fu scoperto dal nonno Pasino –giuro che si chiamava così– e messo all’opera come scultore.
Dopo una serie di eventi abbastanza trascurabili, il nome di Canova si ingrandì e venne invitato a Roma grazie ad una raccomandazione –ah, le tradizioni-, per la precisione a Palazzo Venezia, dove ebbe alloggio e studio privato. –Lo trattavano molto bene direi.–
Dopo Roma, il buon Antonino Canovacciuolo si prese una vacanza studio in Francia e a Napoli, entrando a contatto con il Neoclassicismo, ovvero la fanbase dell’arte classica.
È quindi giunto il momento di sfatare un mito.
Lavorare di testa
Prendiamo l’opera più famosa di Canova: Amore e Psiche.
Questo ex blocco di marmo, voluto da un certo colonnello Campbell –si, ha lo stesso nome delle latte di sugo di pomodoro-, è ovviamente la prima scultura che vi verrebbe in mente pensando a lui.
Oggettivamente, rappresenta due ragazzi –tralasciando che uno ha le ali– sul punto di scambiarsi un bacio talmente appassionato, da ricordarvi quanto siete soli.
“Sul punto di…” non è casuale.
L’arte neoclassica ha, come luogo comune, quello di non avere sentimento o pathos, dopotutto sono solo imitazioni di opere più famose, giusto?
Se non fosse che, l’artista, concentra in questo momento tutta l’emozione della storia, l’attimo prima del tanto atteso bacio e… va immaginato.
Un po’ come quei film, che ci lascian così, con lo sguardo appeso mentre i nostri cervelli materializzano il finale della storia. –Anche perché lavorando per i papi, sapeva che non avrebbero gradito la statua di due giovani seminudi che limonano, nei loro palazzi.–
Direi che è stato molto meglio di un documentario della Zanichelli.
Scritto da: Alessandro 5A