Call the cops when you see 2Pac!
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Brenda’s Got A Baby” – Tupac
East Harlem, New York, 16 giugno 1971.
Nasce Tupac, anche conosciuto con lo pseudonimo di Makaveli – sono sicura che almeno una volta nella vita, tutti abbiamo sentito pronunciare il suo nome-.
Quella che sto per raccontare è la storia di una delle più grandi icone gangster del rap americano.
Facciamo insieme un viaggio nel passato alla scoperta di un uomo dalla vita piena di incoerenze e tanta – ma proprio tanta – buona musica.
In prigione ancora prima di nascere
Ancora prima di nascere Tupac era già stato in prigione, ma nella pancia di sua madre: Afeni Skakur, attivista di “Pantere Nere” e tra le 21 persone ingiustamente accusate di cospirazione e pianificazione terroristica. Accuse poi cadute dopo 2 anni di processo.
In tribunale, mamma Skakur riuscì a vincere da sola, difendendosi senza avvocato, come donna afroamericana incinta – pensate che oggigiorno viene ricordata come una delle fondatrici del moderno movimento Black Lives Matter-.
Qualche mese dopo nacque Lesane Parish Crooks – nome buffo, eh- cambiato poi esattamente un anno dopo, nel 1972, in Tupac Amaru Shakur, che in inca significa “serpente splendente” – e io che credevo di avere un bel nome…-
Tupac cresce in un ambiente pregno dell’orgoglio di essere neri e di tutto ciò che comporta, con una formazione orientata al sostegno della sua cultura.
Il rispetto per le donne
Tupac fu il primo rapper ad usare la musica per denunciare la condizione sociale delle donne e per sensibilizzare, raccontando attraverso la musica, di veri problemi, di vero dolore – che ce ne siano ancora di artisti del genere? -.
Ci tengo a riportare un breve frammento della sua prima intervista, nella quale 2Pac ammonisce l’orribile comportamento dei suoi coetanei nei confronti delle donne.
“Ho visto ragazzi, parlare alle donne con così poco rispetto. E sono assolutamente contro questo. Sono stato cresciuto da mia madre dunque ho veramente tanto rispetto per le donne.” – 2Pac.
Tupac era genuinamente innamorato dell’essenza della donna e teneva alla causa. Voleva che le donne imparassero ad alzare la voce ed a farsi rispettare.
Qualche frammento di un’intervista non basta a far capire quanto il rapper tenesse ad esse, quanto fosse loro vicino, specialmente nei casi di violenza.
Ecco perché vi invito ad ascoltare attentamente “Keep Ya Head Up”.
“E dal momento che tutti siamo venuti da una donna,
abbiamo avuto il nostro nome da una donna e
le nostre conoscenze da una donna,
mi chiedo perché prendiamo dalle nostre donne?
Perché violentiamo le nostre donne?
Odiamo forse le nostre donne? “
– Keep Ya Head Up- 2Pac -.
Non era un vero gangster…
Arrivati a questo punto, capirei benissimo se mai vorreste controbattere con “Ma se teneva così tanto a problemi sociali, perché si comportava da criminale? Dopotutto fu coinvolto anche in delle sparatorie…”
Come testimoniarono molte persone vicine a lui dopo il suo omicidio avvenuto il 7 settembre 1996, Tupac non era un vero gangster. Si atteggiava per convincere i veri gangster.
Ecco spiegate la quantità di canzoni che non puntavano a sensibilizzare ma che gli servivano per descriversi e farsi riconoscere come un thug, ovvero “criminale”- per dirvi qualche titolo, abbiamo “Criminal Lifestyle” con il featuring di Eazy E o “Thug 4 Life”-.
Makaveli cantava per le persone che ogni giorno vivevano nel ghetto, raccontando le loro storie in metrica, per le vittime innocenti che cercò di diminuire instaurando il primo codice della strada “Thug Life Code” e per le vittime di ogni tipo di discriminazione, ingiustizia od oppressione.
Tupac non era un semplice rapper, era un poeta, un attivista politico – a modo suo…– ma soprattutto è stato e sarà per sempre, una delle più grandi icone ad aver lasciato un segno nella storia…tutt’altro che musicale.
Scritto da: Zahra – 4F.