Parole: il suono dei significati
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Parole parole” – Mina
Non so voi, ma a scuola ho sempre associato le materie a un colore: ad esempio, storia è gialla, filosofia è bianca,’italiano è rosso, scienze è verde scuro; e vi potrei annoiare così per almeno altre due righe, mentre sono sicura che molti di voi fanno associazioni completamente diverse. Questo perché la materia, per noi, ha una vibe che associamo a quella dei rispettivi colori. Usciamo dall’ambiente scolastico e parliamo, in generale, di parole.
Parole e forme
Esistono alcune parole per cui tutti, o quasi, percepiscono la stessa vibe. Ad esempio, in molti sono d’accordo sul fatto che “bouba” suona tonda, mentre “kiki” è spigolosa. Facciamo un esperimento: se vi mostro questa immagine e vi chiedo di associare a una delle due forme la parola “takete” e all’altra “maluma”, cosa direste?
Scommetto che la risposta è “takete” a sinistra e “maluma” a destra. Non ci fermiamo qui, questo fenomeno vale anche se parliamo di nomi e persone. Se dico Molly, la maggior parte di voi immaginerà una figura tonda e in carne, mentre, leggendo Kate, penserete probabilmente a una figura magra e slanciata. Non vi sto leggendo nella mente, non vi preoccupate, ma tutti questi esempi sono risultati di studi, e il motivo non è casuale.
Ruvido o liscio
La risposta è in un fenomeno che si chiama tactile sound symbolism, o più semplicemente fonosemantica, che spiega il motivo per cui a un determinato significato corrisponde proprio quella parola. Pensiamo alla R: la troviamo in parole come “duro”, “rozzo”, “aspro” o “rude”; usata in questo modo, la consonante contribuisce a dare un suono più spigoloso o ruvido alle parole, in accordo con il loro significato. Al contrario, pensiamo alle lettere P, B ed M, che si trovano in parole come “palla”, “bolla” e “mamma”, dal suono più liscio, tondo o morbido.
Grande o piccolo
Il fenomeno del magnitude sound symbolism, un’altra branca della fonosemantica, ci spiega perché alcune lettere sono più frequenti nelle parole che indicano una determinata misura. Riferendosi a dove posizioniamo la lingua, questa scienza ci spiega che le vocali posteriori, come la A e la U sono associate a una misura grande; basta pensare a “largo” o a “lungo”. Invece, le vocali anteriori come la I vengono usate per indicare una taglia piccola; ad esempio, per “mini” o “piccino”.
In ogni parola che diciamo, conversazione che abbiamo o discorso che pronunciamo, senza rendercene conto applichiamo questi concetti. Conoscerli ci dice qualcosa in più sul nostro vocabolario e, poi, adesso avete le basi per creare la vostra lingua segreta!