La stanza del buco
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Il Cantico Dei Drogati” – Fabrizio De Andrè
Un gruppo di persone stringe in mano un biglietto con un numero, in fila di fronte ad un locale. No, non stanno facendo la fila per il pane. E nemmeno per pagare le bollette alle poste. Aspettano il loro turno per accedere alle stanze del buco. Questo è il nome – non molto creativo – dei locali adibiti al consumo controllato di droghe.
87 buche
Sono 87 le sedi distribuite in tutta Europa, in cui i tossicodipendenti possono accedere ai servizi di un personale medico professionista, allo scopo di monitorare ed essere guidati all’infiltrazione della dose. Il tour parte dalla Svizzera, per passare poi per la Spagna e la Germania; con una breve pausa-bagno a Lussemburgo e, perchè no, uno snack in Norvegia. Una fitta rete di strutture che, paradossalmente, ha come presupposto quello di curare i drogati con la droga stessa. Un metodo anticonvenzionale e apparentemente contraddittorio, che ha fatto storcere il naso a molti ma che, dopotutto, sembra si stia divulgando a macchia d’olio sulla cartina Europea.
C’era una volta…
“Igiene invece di isolamento”
Era il motto che riecheggiava agli inizi degli anni Novanta a Berna, in Svizzera. Un Paese dalla invidiabile stabilità economica, ma corroso da una profonda crisi sociale e sanitaria che aveva portato, proprio in quel periodo, allo scoppio di una piccola guerra. Il primo “Fixerstübli” – la stanza del buco – aprì le porte nel 1986, poco distante dalla stazione dei treni, al Binario 9. Non confondetevi con quello di Harry Potter! La scelta di accogliere il problema sotto una lente pratica, aveva dato la possibilità di lasciare da parte la liberalizzazione o – al contrario – la netta repressione delle droghe. Insomma, dare ai bisognosi uno spazio dove essere controllati e assistiti, lontani dalle ombre accusatorie che spesso ricadono su chi ha una dipendenza simile.
“Il principio di base è che l’eroinomane deve poter sopravvivere prima di decidere di smettere.”
-Daniele Zullino
A sostegno di questo sistema, Zullino – capo dell’ambulatorio dell’ospedale di Ginevra – dichiara che solo così si possono sedare i rischi di contrazione di HIV o epatite, mettendo in contatto il tossicodipendente con farmaci e medicinali che lo possono guidare alla via dell’astinenza. Il tutto in un contesto sanificato e regolamentato. I professionisti a supporto di questo “metodo”, affermano che la limitazione dei danni, si insedia lì dove c’è la disponibilità nell’accompagnare e sostenere le persone attraverso le diverse fasi della dipendenza, affievolendo i peggioramenti.
…un drogato
Cercando “Stanze Del Buco” su internet, ti apparirà un link dell’ACT di Roma scritto a caratteri cubitali, che recita: “LA STANZA DEL BUCO: UN RIMEDIO INADEGUATO”.
“Anziché favorire il processo di disintossicazione della persona, volto al recupero pieno della persona, si è puntato a relegarla in un luogo in cui potesse nuocere il meno possibile a se stessa e agli altri.”
-ACT di Roma
Sottolineando come questo sistema sì, favorisce la limitazione di quantità di droga assunte e riduce il numero di morti per overdose, ma non contribuisce affatto alla diminuzione dei consumatori; anzi, si registrano addirittura degli aumenti: ad esempio in Germania con un 15%! L’accusa maggiore associata alle Stanze del buco, è proprio quella di non voler aiutare concretamente il tossicodipendente, ma di arginare una problematica, individuando una via traversa più “facile”.
“Quando a tale problematica profonda si tenta di produrre risposte centrate esclusivamente su un approccio farmacologico e sanitario, prescindendo dal valore della persona, costituita anche della componente psicologica, spirituale, familiare e sociale, significa che il governo ha issato bandiera bianca. “
-ACT di Roma
Il giudizio e gli stereotipi continuano ad affogare queste persone che, prima di essere chiamate con l’appellativo tossicodipendenti, hanno bisogno di qualcuno che li guardi con umanità. La droga preme lì dove ci sono le fragilità, dei punti scoperti che se non vengono protetti, finiscono per trascinare la persona giù con sé. Prima ancora di cercare di reprimere un problema, bisognerebbe guardare negli occhi chi ne è la causa e capirne il motivo. Come è arrivato a quel punto? Cosa posso fare io per aiutarti?
Prima che numeri e percentuali, siamo persone.
Scritto da: Laura 5D