Cinecittà: la fabbrica dei sogni
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Tu vuò fà l’americano” – Renato Carosone
Ci sono alcuni luoghi, qui a Roma, che trascendono spazio e tempo.
Luoghi dove la realtà si comprime, e permette all’Antica Roma, al Tempio di Gerusalemme, ad una testa semisepolta ed al vialetto di casa Martini di trovarsi a pochi passi l’uno dall’altro.
Questo posto, che il YCB ha visitato in qualità di addetto stampa – ovvero saltando la chilometrica fila all’ingresso – ha un nome: Cinecittà.
Filmare, e filmeremo
L’Hollywood italiana nasce nel 1937.
Il regime, che noi tutti conosciamo, aveva la necessità di muovere una forte propaganda, avvalendosi anche del settore cinematografico. Investì grandi somme di denaro per creare una vera e propria fabbrica per cineprese – già, perché a Benitone, non piaceva che si utilizzassero parole straniere come “film” -.
Il complesso occupa circa 40 ettari, con un territorio che supera quello della città del Vaticano – Cinecittà 1, Papa 0 -, ed è costruito in modo tale da poter creare un film dall’inizio alla fine.
Cosa vuol dire?
Che falegnamerie, studi per gli oggetti di scena, teatri, scenografie e studi di post produzione si trovano tutti all’interno di Cinecittà.
Oggi è ancora, dopo 70 anni, la realtà televisiva più grande d’Italia.
Perché dagli anni 80 si continuano a registrare serie e programmi tv, oltre che classici film. Proprio recentemente è stata investita una parte del recovery found per ampliare e sostenere gli studi.
Cinecittà si mostra
Basta varcare l’ingresso principale, per ritrovarsi in un giardino dove sembrano piovuti dal cielo vari oggetti di scena: dai cavalli in bronzo de “Il Gladiatore”, al cavallo a dondolo del Pinocchio di Roberto Benigni.
Ecco la testa citata prima, chiamata “La Venusia” ed utilizzata da Federico Fellini per il film “Casanova”
La visita a cui abbiamo preso parte, chiamata “Cinecittà si mostra”, ci ha fatto girare, insieme ad una guida e numerose persone, in lungo e in largo per i punti salienti degli studios.
“Si possono portare a casa i pezzi delle scenografie usate?”
-Un simpatico co-visitatore
Qui è stato completamente distrutto il nostro sogno fanciullesco, avendo scoperto che quelle case, in realtà, erano cave, mentre i set interni venivano allestiti altrove.
Poi abbiamo raggiunto il famoso Studio 5, che ha visto grandi registi, come Federico Fellini e Martin Scorsese, lavorarci sia all’interno, che all’esterno: la struttura era infatti una fabbrica in “Gangs of New York”, ed ancora oggi si può trovarvi la scritta “New York Gas Works °1”.
Indietro nel tempo, ma senza Delorean
Infine, come nei migliori film di fantascienza, siamo passati dalla fabbrica di fine ‘800, ai due set più grandi di Cinecittà.
Il primo, allestito per una serie inglese intorno agli anni 2000, è l’insieme di numerose ricostruzioni in vetroresina – capirete in seguito perché stiamo sorridendo dietro lo schermo – con tanto di Tempio di Giove, Basilica e meridiana.
Quest’area però non ha visto solo film: da semplice set per serie tv a vero e proprio palcoscenico, come per il concerto a Novembre 2011 dei Coldplay.
All’uscita, svoltate a destra per raggiungere il Tempio di Gerusalemme, un edificio – sempre in vetroresina – che oltre ad ospitare semplici film su Gesù, è servito anche a Boldi e De Sica per “Vacanze su Marte”. – Si, ha lasciato meravigliati anche noi. –
Dietro il vetroresina
Sveliamo l’arcano: che è sto’ vetroresina?
In generale, tutti i set di Cinecittà si suddividono in interni ed esterni: gli interni – indovinate un po’ – si trovano dentro i giganteschi casermoni e permettono di girare anche in caso di maltempo o tsunami, costruendo delle strutture temporanee come la Via Veneto vista ne “La dolce vita”.
Gli esterni, spesso solamente facciate, sono costruiti in questo magico vetroresina, che ci ha accompagnato, insieme alla guida, per tutto il tour; è particolarmente apprezzato nell’ambiente per la sua capacità di essere, se ben lavorato, qualsiasi cosa, da cemento armato a legno. – Ogni cosa era in vetroresina, verso la fine della visita stava diventando una specie di battuta. –
Un po’ come il vetroresina, i set particolarmente grandi non vengono smantellati, ma si aggiustano e diventano altro: una parte di Antica Roma infatti è stata trasformata prima in Pompei, ed in seguito in una città medioevale per film come “Amici miei – Come tutto ebbe inizio” e “L’ombra di Caravaggio”.
Ma la stessa sorte non è concessa ad altre strutture, che al termine dei ciak vengono semplicemente buttate via in maniera non proprio green. – Ad un certo punto ci siamo trovati di fronte una vera e propria montagna di polistirolo. –
Marcello do sei ‘nnato?
Terminato il nostro viaggio nel tempo non ci restava che visitare l’area museale, divisa in 3 sezioni.
Il primo palazzo era interamente dedicato a Federico Fellini, considerato uno dei più grandi registi della storia.
Molto grave se ancora vi state chiedendo cosa sia ‘sta Dolce vita.
Il museo in sé, non era grande: conteneva delle scene dei suoi film più famosi in stile museo delle cere, ed un piccolo cinema che proiettava sue vecchie interviste.
Il secondo ed ultimo museo legato al cinema era una raccolta di numerosi materiali di scena usati nei vari film. Conteneva però oggetti e riferimenti abbastanza ricercati, quindi se non siete persone che divorano film è difficile apprezzarlo a pieno.
Diverso è però il discorso per le esperienze interattive, l’MVP della giornata è stato infatti lo spazio dedicato al doppiaggio che ci ha permesso di creare la versione veneta de “La dolce vita”.
Altri spazi degni di nota sono stati la ricostruzione di un sottomarino del film “U-571” e la zona green screen, a noi purtroppo preclusa a causa di una lunga fila. – Ah, il karma. –
Luce e Suono
Il terzo ed ultimo museo non era strettamente legato al cinema, ma è stato sicuramente il migliore ed il più interessante.
Non è come il classico museo, è diverso.
Attività esperienziali dove la percezione del visitatore sposa l’intento dell’ allestitore, e/o dell’artista, in pieno!.
Un corridoio, dove veniva narrata la storia del cinema, connetteva stanze spettacolari con strumenti interattivi per raccontare, parallelamente, la storia dell’audiovisivo in Italia.
Si potevano ascoltare programmi del passato giocherellando con degli apparecchi radiofonici, oppure perdersi – e farsi numerose foto – in una stanza piena di specchi.
Percorrendo infine corridoi tempestati da luci ed immagini che, in maniera spettacolare, trasmettevano l’essenza del museo.
“Il miglior posto in cui vivere non è Parigi, non è Roma, è Cinecittà perché tutto è possibile.”
–Federico Fellini
Così il più grande dei registi descriveva gli studi più grandi d’Italia, e noi, pur non essendo ancora i più grandi giornalisti – questione di tempo -, possiamo confermare tutto.
Visitare gli studi equivale a visitare un mondo magico, dove anche l’impensabile diventa realtà.
Scritto da: Alessandro 5A, Alessandro 5E