TikTokTac: Noi siamo noi, e voi?
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “La società dei magnaccioni” -Lando fiorini
Se nell’ultimo articolo non abbiamo potuto finire la frase del sor marchese, oggi ci dedichiamo interamente a lei.
Per quanto venga pronunciata da tutti, nessuno – tranne noi – sa da dove viene realmente: se vi dicessimo che è frutto di una poesia?
Tra l’altro una poesia non di un poeta a caso, ma di niente popò di meno che Gioachino Belli.
Ma chi te se copre
“Ma chi te conosce?”
Se lo state pensando perché non vi sembra di aver mai sentito il suo nome, proviamo a sbloccare qualche ricordo finito chissà dove.
Per chi non è trasteverino, – o comunque di Roma- è più complicato; per chi invece bazzica trastevere, se gli hanno dedicato una piazza, una statua e – molto più importante– una fermata del tram 8, un motivo ci sarà.
Tra le cose, Gioachino Belli ha fondato una scuola di poesia chiamata “Accademia Tiberina” dopo essere caduto terribilmente in disgrazia: ha conosciuto le condizioni allucinanti in cui versavano molti italiani dell’epoca e ne ha scritto nelle sue diverse poesie di denuncia sociale.
La famosissima “Li soprani der monno vecchio” è una di queste.
Il Re può tutto
“C’era una vorta un Re che dar palazzo
mannò fora a li popoli st’editto:
“io sò io, e voi nun zete un cazzo,
sori vassalli buggiaroni, e zitto
io fo dritto lo storto e storto er dritto:
pòzzo vénneve a tutti a un tant’er mazzo:
io, si ve fo impiccà, nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba io ve l’affitto.
Chi abbita a sto monno senza er titolo
o de Papa, o de Re, o d’Imperatore,
quello nun pò avé mai voce in capitolo”.
Co st’editto annò er boja pe curiero,
interroganno tutti in zur tenore;
e arisposeno tutti: È vero, è vero.”
–Gioacchino Belli, li soprani der monno vecchio
Eccola qui, la denuncia: Il Re può tutto e ogni cosa è di sua proprietà, persino la vita dei sudditi.
Ci potrebbe impiccare, ma non lo fa, perché quella che sembra essere la nostra vita in realtà è roba sua e tutto ciò che chiamiamo “mio” è solo in affitto; chi non ha titolo né di Papa né di Re, deve stare zitto.
Gioachino, in questa poesia, da un’immagine triste del suo tempo.
Ma attenzione: non tutti sottostavano alle regole. C’è sempre qualcuno che si sente Re quando non lo è, in ogni epoca: è il caso del sor Marchese, che molte volte, nel film, fa di testa sua e rende dritto ciò che è storto.
Come per la poesia, anche nello spezzone del film i potenti fanno ciò che vogliono a discapito dei più deboli.
Ed ecco che il “Re” Onofrio del Grillo mette tutti ar posto loro: corrompe chi je pare, anche i giudici; manda in bancarotta un povero falegname per sbattere in faccia al Papa che la giustizia è morta; dice la sua e non sta mai zitto.
Re poveri
Per carità, poteva trovare un altro modo per denunciare la condizione dei poveri cittadini al Papa, ma intanto l’ha fatto.
Il finale della poesia è dedicato alla reazione del popolo all’editto: cosa dicono tutti? Testa bassa, occhi al pavimento, possono solo che dire “è vero, è vero”.
Caro Marchese, aiutaci tu: dillo ai sudditi di ogni epoca che devono parlare, perché non è vero, non serve essere ricchi come te per diventare Re.
Noi lo abbiamo capito. Ma d’altronde: noi siamo noi. E voi chi siete?
Scritto da: Simone 5F e Alice 5D