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Tutto merito di quel font

Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Breezeblocks” – Alt-J

Un artista crea le proprie opere sulla base della libertà di espressione e, cosa ancora più poetica, la bellezza della sua opera è misurata dalla sua unicità. Sarebbe bello poter vivere della propria arte, vero?

Purtroppo, però, questo non è un Art-Attack e per la maggior parte delle persone, la creatività si esaurisce allo scoccare dell’ingresso alle scuole medie.

Per compensare però, dal cielo, ci sono state mandate delle creature mistiche che creano le proprie opere in funzione di un obiettivo avido e ben preciso. Ovviamente parlo dei graphic designer: i soli che sarebbero in grado di sottomettere un’intera Nazione a colpi di “Montserrat“.

Ed è con questo crudele inizio – al termine della lettura sarete anche voi d’accordo con me – che introduco l’argomento dell’articolo di oggi: i font.

Dal principio

Per comprendere il potenziale distruttivo di quest’arma apparentemente innocua, facciamo una premessa storica.

La parola “font” deriva dal francese e vuol dire “fuso”, rimando all’invenzione di Gutenbergorafo e tipografo tedesco della seconda metà del 1400 -, che imprimeva i caratteri su carta grazie a stampi di ferro fuso.

Il boom scoppia nel 1980 con l’avvento del fotocompositore: un macchinario che stampava i caratteri su pellicola e li trasferiva su matrici che, dopo l’incisione: praticamente il nonno della stampante.

Era finalmente possibile stampare in serie e, dunque, si passò a definire i caratteri delle lettere: i font – Helvetica, Futura, Gill Sans e Garamond-.

La rivoluzione scattò poco dopo, con l’inaugurazione dei software e internet, che attirarono l’attenzione delle aziende informatiche sui caratteri digitali.

Adobe e Beatsteam sono i pionieri della cultura del type design e segneranno le basi per la fondazione di STAT (System Type and Text), il primo sistema di caratteri digitali, che poi prenderà il nome di Windows Accessory Group (WAG).

Microsoft e altre aziende, prendono coscienza dell’enorme importanza del font, iniziando così collaborazioni con designer, allo scopo di creare caratteri unici e mirati al singolo prodotto.

Pian piano emergerà e si affermerà il suo ruolo decisivo nel fallimento o successo di un progetto. 

In che modo?

L’essenza

Quello che abbiamo descritto non è solo un insieme di forme accatastate con nomi impronunciabili.

Infatti, il font, cela nella sua natura un immenso potere comunicativo, che si riversa nell’inconscio del compratore come una cascata silenziosa.

Partiamo dalla punta dell’iceberg.

Se vi chiedessi di scrivere su carta la lettera A maiuscolo suppongo voi sappiate leggere e scrivere dato che siete su questo articolo -, sicuramente traccereste due linee oblique che convergono – aste montanti – e un’asta trasversale nel mezzo. 

Il concetto di leggibilità, è sotteso alla coerenza di un font e l’immagine – prefissata nella nostra mente – della lettera.

Sostanzialmente, più il font è fedele, più sarà facile leggere il testo. Il tutto si condisce con altri principi, come: il tracking, il kerning, il contrasto, l’occhio, il leading etc.

Decisamente troppi per essere trattati in un solo articolo!

Concentriamoci, piuttosto, su questo misterioso linguaggio segreto.

Il nostro cervello associa inconsciamente forme e stati d’animo.

Un font dalle linee spezzatecome ad esempio “Pure Evil 2” – comunicherà rigidità, durezza e importanza; mentre, invece, uno dai caratteri più morbidi e sinuosi prendiamo come campione  “Champignon” -, trasmetterà un senso di armonia, tranquillità e flessibilità.

Con il passare del tempo, la figura del type designer, si è evoluta sempre di più, diventando un elemento importante per qualunque campagna o promozione.

Il caso Apple

Per saldare definitivamente queste informazioni nella mente, facciamo un esempio esaustivo, prendendo sotto braccio il caso Apple.

Con ampia probabilità già conoscerete questa azienda ma, per formalità, introduciamola lo stesso: è una multinazionale statunitense che produce in vasta serie computer, iphone, sistemi operativi e multimediali; in breve tempo ha raggiunto la vetta della piramide, ottenendo oggi la fama di azienda numero uno nel settore informatico.

Sappiate però, che questo successo non è relativo solo alla qualità dei prodotti – ovviamente questo è un fattore con un certo peso -, ma anche alle sue efficaci campagne pubblicitarie.

Apple si fa conoscere nel 1984 con il font Garamond, per poi rinnovarsi e utilizzare Macintosh una versione Serif più stretta e allungata.

Oggi i nostri pc e cellulari sono in Helvetica e San Francisco, decisamente più “lisci” e diretti.

Se andassimo ad analizzare l’evoluzione grafica dei caratteri, noteremmo come questi si siano pian piano specializzati, diventando – da complessi, pesanti e invasivi – più professionali e minimal.

Perché?

Questi font la dicono lunga sulla filosofia di Apple, che ha deciso di basare il proprio marketing su i concetti di essenziale e pulito. I loro prodotti sono in perfetta armonia con le grafiche che propongono, e questo si riflette ancora una volta sulla percezione che il cliente ha dell’azienda.

La mancanza di fronzoli, ci dà l’impressione che sia tutto semplice infatti i loro pc sono a portata di neonato – e ancora più importante, che sia efficiente.

Ora che conoscete l’altra faccia della medaglia, divertitevi ad immaginare le locandine pubblicitarie con altri font – magari più bruttini – e scoprire se siano davvero affidabili, oppure se è tutto merito di quel font.

Scritto da: Laura 5D