Elena Sovani: professoressa CULT
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Awake My Soul” – Mumford and Sons
Al Liceo Kennedy ci sono tantissimi docenti, ma ce n’è una che è impossibile non conoscere: Elena Sovani.
Con lei è impossibile costruire il classico rapporto studente-insegnante, per diverse ragioni che verranno svelate a breve. –Non posso permettermi di rivelarvi subito tutto quanto, altrimenti l’articolo non lo leggete!-
È iniziato tutto per caso
Elena Sovani non nasce come professoressa di religione.
Si è infatti laureata in marketing e scienze politiche e se si pensa a tutte le attività di PCTO che organizza, non stupisce che abbia studiato pubbliche relazioni, anche se è stata notevolmente favorita dal suo carattere allegro.
Dopo il matrimonio si è trasferita in un piccolo paesino toscano, dove ha iniziato a studiare teologia ed è successo l’evento che le ha cambiato la vita: riuscire a fare una supplenza in una scuola.
“Ho avuto l’occasione di fare una supplenza per religione. Essendomi iscritta a teologia, ma avendo già una laurea precedente ho potuto ottenere una supplenza. E quindi da lì è iniziato un percorso che non ho più lasciato. […] Nel frattempo avrei potuto insegnare altre materie, perché io sono abilitata, però ho scelto proprio di insegnare religione.“
(Elena Sovani)
È scattata la scintilla e un filo rosso invisibile ha legato –o forse, era già legato da tempo- Elena Sovani all’insegnamento.
“Mi è piaciuto tantissimo questo tipo di lavoro, cioè fare l’insegnante, non ci avevo mai pensato in vita mia.”
(Elena Sovani)
“Non era nelle mie corde”
La vita è veramente imprevedibile.
Elena –scusi, prof, ma mi prendo la libertà di chiamarla per nome ancora per un po’.- ne è una dimostrazione: mai si sarebbe aspettata di diventare insegnante.
In quel paesino sperduto nel centro Italia, lei ha scoperto un talento nascosto, un sentiero che non aveva mai preso in considerazione, ma che si sarebbe dimostrato vincente.
“Quando ho rincontrato i miei vecchi compagni del liceo mi hanno detto ‘Ma, che fai tu di lavoro? Insegni religione? No! Non ci credo!’ perché magari fin da ragazza […] mi avrebbero vista fare altre cose.
Sono stata stupita anche io alla fine, però ti dico la verità: il percorso teologico, la riflessione su qualcosa di molto più grande, la ricerca di capire cosa potrebbe esserci oltre, è qualcosa che mi ha sempre incuriosito.”
(Elena Sovani)
Una professoressa avvantaggiata
L’avrete sicuramente notato, ma i professori di questa materia sono “anticonvenzionali”. Nel senso che non potresti mai immaginarteli ad insegnare altro, soprattutto se poi si prende come esempio Elena Sovani.
Si comportano in modo molto differente e lei per prima sembra quasi che non abbia un programma definito. Ma, ovviamente, chi la pensa così si sbaglia di grosso:
“Chiaramente anche noi abbiamo una programmazione quinquennale, ma posso giostrarmela in maniera molto diversa rispetto al professore di un’altra materia. C’è questa libertà di muovermi all’interno di un programma ministeriale, che mi permette di allacciarmi a tutte le religioni.”
(Elena Sovani)
Elena è quindi uno dei docenti più liberi; sia da un punto di vista ministeriale, sia da un punto di vista religioso. Spieghiamo questo ultimo punto in poche brevi e interessanti righe:
Se si fa una piccola ricerca, si può notare facilmente che in Italia tutte le facoltà teologiche sono legate alla Chiesa Cattolica. È facile quindi pensare che ci siano delle regole o dei metodi dettati direttamente da questa per insegnare la materia, dopotutto:
“La Chiesa, sin dai tempi antichi, diciamo da sempre, ha detenuto il potere dell’educazione teologica. Prima ce l’aveva anche dell’educazione in generale, poi mano a mano la cultura si è molto allontanata dalla Chiesa.”
(Elena Sovani)
Ma, in realtà, per usare sempre le parole della professoressa:
“Prima l’insegnamento di religione era legato esclusivamente alla Chiesa, già da molto tempo la preparazione è pubblica e c’è un percorso pubblico.”
(Elena Sovani)
Conoscere i ragazzi
Avete notato che Elena conosce i nomi di –quasi– tutti gli studenti?
Questo è perché, oltre al fatto che ha tantissime classi, lei ha un rapporto differente con i ragazzi, li osserva crescere e maturare, fare esperienze e maturare opinioni.
“La cosa bella è che generalmente io, le mie classi, le prendo in primo e le porto fino al quinto. Per cui c’è proprio un approccio quasi di crescita insieme. Vi vedo arrivare qui spaesati dalla terza media e vi porto che siete uomini e donne fatti.”
(Elena Sovani)
Elena struttura le sue ore in modo tale da parlare con i ragazzi, permettendo loro di esprimere la loro visione del mondo. Le lezioni diventano quindi momenti in cui gli studenti possono staccare dai libri, dall’ansia delle interrogazioni e maturare i loro pensieri personali.
“E l’idea che possa esserci veramente un principio divino, la possibilità di parlarne con i ragazzi, non tanto per dirgli cosa ne penso io, ma per sentire cosa ne pensano loro, e lavorare su questi valori, legati alla solidarietà, al rispetto…è un’occasione meravigliosa.”
(Elena Sovani)
Ma, per ogni aspetto positivo ce n’è anche uno negativo, o almeno così dovrebbe essere. Ma stiamo parlando di Elena Sovani, una donna che vede il bicchiere sempre mezzo pieno e che non conosce il verbo “scoraggiarsi”. -Aspetto evidente anche dopo solo due minuti di conversazione. –
“Non ci sono cose negative. L’unica cosa che potrebbe essere più discriminante è il fatto che la tua materia, comunque, non fa parte della media della pagella dell’alunno. Però, ti dico, questo potrebbe essere un discriminante se uno lo vede in questo modo. Io la vedo come una cosa assolutamente positiva. Perché alla fine il mio ruolo nella classe è un ruolo diverso dagli altri professori, dove l’alunno si può sentire libero di parlare di quello che vuole.”
(Elena Sovani)
Certamente un pilastro della comunità del LSS Kennedy.
Siamo fortunati, noi alunni, ad avere incontrato una persona come lei, anche se non ce ne rendiamo conto.
Quindi questa conclusione –che si sta dimostrando molto dolce. Non mi riconosco. Aiuto. Che magia nera mi ha scagliato contro, prof?- si rivolge sia agli studenti del nostro liceo, nella speranza che levino i prosciutti dagli occhi; sia a tutte le persone che non la conoscono, perché possano incontrare qualcuno come lei.
Sì, so che è praticamente impossibile. Ma, per citare Leigh Bardugo:
“Quando la gente dice impossibile, in genere, vuole dire improbabile.”