Se non sai come va a finire…è teatrico!
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Allegria” – Cirque du soleil
Quanti di voi sanno che nel nostro liceo c’è un laboratorio teatrico? -si, probabilmente non conoscete questa parola ma ogni cosa ha il suo tempo-
Per noi del YCB è importante tenervi sempre aggiornati su quello che facciamo nel nostro liceo e, proprio per questo, abbiamo intervistato Filippo Rubbo. Insegnante del laboratorio da cinque anni.
Una parola strana
Correva l’anno 2017 quando una piccola ragazza di primo, timida e impacciata, – che poi sarei io – è andata al primo incontro del “laboratorio teatrico”. La prima cosa che mi sono chiesta è proprio perché non si chiamasse teatro – oltre ad essere terrorizzata che qualcuno mi chiedesse di recitare Romeo e Giulietta –
Il metodo teatrico nasce nel Gruppo Eleusis, Ideato da Emanuele Faina. E’ uno strumento creativo, educativo e formativo che utilizza gli strumenti della teatralità per lo sviluppo e il potenziamento delle competenze socio-relazionali. Tutto ciò che riguarda la comunicazione e la relazione con gli altri. Okay fermi un secondo, per dirlo in modo semplice
“Se si modifica e migliora l’ambiente di apprendimento, se le relazioni in classe funzionano meglio perché si utilizza una comunicazione più consapevole, cioè sono consapevole di cosa esce da me e di cosa cosa sto comunicando anche con il corpo, posso sperare che anche gli aspetti prettamente didattici migliorino. Una classe dove si sta meglio favorirà un desiderio di apprendimento differente”
(Filippo Rubbo)
Perché io?
A questo punto, forse, vi starete chiedendo perché mai dovreste affrontare un percorso di questo genere. Bhe la verità è che non c’è una buona ragione…
“C’è ne sono talmente tante di buone ragioni che identificarne una significa un po’ banalizzare. La questione è: come noi interpretiamo la scuola e soprattutto il percorso che porta alla maturità. Se è un percorso di crescita personale, allora immaginare di arrivare all’esame di maturità, per esempio, senza essere veramente padroni della gestione comunicativa di quel momento dal mio punto di vista è folle.”
(Filippo Rubbo)
Quante volte ci siamo lamentati dei voti che non rispecchiavano tutto il nostro impegno? Quante volte siamo entrati nel panico per una semplice interrogazione?
“ Lavorare sulla propria comunicazione, lavorare su tutto ciò che riguarda l’espressione di sè, significa cominciare a prendere dimestichezza su quelle competenze comunicative che oggi utilizzo a scuola e domani mi spendo nel lavoro.”
(Filippo Rubbo)
Insomma ragazzi non possiamo evitare di comunicare – si, mi dispiace avervi fatto scoprire questa triste realtà – anche un semplice gesto e il modo in cui siamo seduti dice qualcosa di noi. Quindi perché non lavorarci su e non lasciare tutto al caso?
Ok ma il teatro?
Dopo tutti questi discorsi è il momento di parlarne. Il teatro è il luogo della scelta espressiva, utilizza la volontarietà del gesto. Il metodo teatrico ha rielaborato questo, portandolo in altri contesti e utilizzandolo per sviluppare competenze che non c’entrano con l’arte dell’attore.
Si avete capito bene, il laboratorio non esiste per formare attori – ed io ne sono la prova visto che lo frequento da cinque anni e di certo non sarò nel prossimo film di Hollywood-
“Dal punto di vista del metodo teatrico lavorare sulla comunicazione non significa acquisire delle tecniche comunicative ma significa lavorare sulla persona che comunica. Ciascuno sviluppa il suo modo di comunicare, autentico e personale”
(Filippo Rubbo)
Ma allora perché a scuola non ci insegnano a comunicare?
“La scuola oggi cerca affannosamente, e alcuni presidi illuminati come la Cangemi, cercano di sviluppare una scuola che ha anche delle realtà alternative e innovative alla didattica tradizionale. Tuttavia la didattica è ancora agganciata a un sistema che è così da decenni. Molti docenti si sono formati in una scuola che aveva come obiettivo principale la trasmissione di conoscenze, e ancora oggi è il modello attuato. L’elemento comunicativo e relazionale ha a che fare con l’aspetto emotivo e fisico, e questo a scuola non è particolarmente preso in considerazione.”
(Filippo Rubbo)
Cinque anni di cosa?
Il laboratorio al Kennedy esiste da 5 anni, ed io ho avuto la fortuna di esserci sempre. Abbiamo fatto di tutto, spettacoli in teatro e all’aria aperta e anche un film durante il primo lockdown – immaginate la mia faccia quando ci hanno detto che avremmo fatto un film, un misto di terrore e bhe solo terrore.
Soprattutto nel momento post Covid il laboratorio è stato un esempio di “resilienza di comunità” nonostante le difficoltà e le restrizioni siamo sempre riusciti ad andare avanti. Insomma anche con tutto e tutti che ci dicevano di no, noi abbiamo detto sì. E proprio in questi casi se non sai come va a finire… è teatrico!
SCRITTO DA: DORA, 5F