Voci: O de quà o de là, basta che se fa!
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “When we speak”- Team Astro
A che cosa serve, il teatro, nel 2022?
Questa domenica abbiamo assistito allo spettacolo “Voci”, variazione di “Le voci di dentro” del grande Eduardo: regia di Emiliano De Martino, – quello di “Un posto al sole” per intenderci – anche direttore dell’accademia EDM di cui facevano parte i ben 18 attori in scena.
Senza difficoltà
Per chi non fosse pratico di teatro, far lavorare 18 persone, sullo stesso palco, è un’impresa vera; soprattutto se queste hanno età ed esperienze diverse.
Per dare un’idea: il range d’età oscillava tra i 15 anni e i 60, qualcuno aveva iniziato a recitare da giovanissimo per poi riprendere molto più tardi e qualcun altro aveva appena cominciato.
“Com’è lavorare in così tanti?”
“Noi c’abbiamo il regista matto… Ci vuole tanta pazienza per stare insieme. Abbiamo provato a gruppi, ma il vero segreto è che siamo una grande famiglia.”
(Lucrezia 24 anni)
Quindi, il numero non è un problema… E l’età? Ne esiste una giusta per recitare?
“Non ci vuole un’età per iniziare: direi che ci vuole una motivazione specifica nel teatro, perché l’allievo ha bisogno di fare l’attore.”
(Emiliano De Martino, regista)
C’è anche da dire che, in questo caso, lo spettacolo è stato “cucito addosso agli attori”: nessuno stage, niente selezione.
“Gli attori li ho scelti io perchè li conoscevo e li credevo validi: non li ho incastrati, ma motivati”
(Emiliano De Martino, regista)
A questo punto, vi potreste chiedere: “Quindi ogni attore è uguale al proprio personaggio?” Beh, non proprio: i personaggi di “Voci” sono, a dir poco, particolari.
Di chi sono queste “Voci”?
Lo spettacolo è ambientato nei sobborghi romani – a Torbella, per essere precisi– degli anni 70’, con un’unica scenografia presente sul palco: il “palazzo”, che lega le storie di tutti quanti insieme.
“Voci” fa riferimento alle dicerie che si scatenano nel condominio quando Alberto accusa un’intera famiglia di omicidio, voci che spingono ad agire senza pensare e che influenzano negativamente le persone.
Parte fondamentale dell’intero spettacolo è la componente femminile, che indirizza la trama a suo piacimento: donne forti, libere e vere come Matilde, che porta il pane in tavola anche per il marito “cervo” sfaticato; o come Michela, che non ha paura di esprimere il terrore di vivere una vita monotona e mettersi a nudo davanti la platea.
“ Matilde è il vero capo famiglia: è una donna molto colorata. Le abbiamo fatto indossare delle scarpe rosse per simboleggiare la lotta contro la violenza sulle donne.”
(Valentina Proietto Scipioni, produzione)
Allora perché avvicinarsi al teatro?
Abbiamo imparato che il teatro è vita vera, mette in mostra tutto quello che normalmente non vediamo: aiuta a capire il funzionamento delle emozioni e delle sinergie tra esseri umani, in un momento in cui sarebbe proprio necessario capirci qualcosa.
“Ho cominciato a fare teatro per esorcizzare la timidezza, e poi ho scoperto di avere una doppia personalità. Sono riuscito a fuggire da quella gabbia senza sbarre.”
(Emiliano De Martino, regista)
E’ un valido alleato per essere più spigliati e prendere consapevolezza di sé. – un aiutino serve sempre.-
Poi, per carità, c’è anche chi teatro lo fa per altri motivi:
“Faccio teatro perché me c’ha mandato lo psicanalista, e mi sono affezionata”
(Annamaria, 60 anni)
Insomma, come direbbe Matilde: “o de quà, o de là… Basta che se fà!”
SCRITTO DA: ALICE E ALESSANDRO, 4D e 4E