La flessibilità: la via per vincere.
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Gabriel’s Oboe” – Ennio Morricone
Il judo è un’arte marziale nata in Giappone intorno al 1882, fondata dal maestro Jigoro Kano. Letteralmente significa “via della flessibilità”.
Il judo deriva da un’altra disciplina, il ju jutsu (si pronuncia giu-giutsu): arte della cedevolezza.
L’origine del ju jutsu, e quindi anche del judo, si può trovare in un’antica e bellissima leggenda giapponese.
Si narra che…
…Un medico di nome Shirobei Akiyama si ritirò in meditazione per cento giorni nel tempio di Daifazu, su un monte. Aveva bisogno di tempo per pensare e prendersi cura di sé.
Un giorno osservò un fenomeno molto curioso: nevicava fittamente e i rami degli alberi più possenti, come le querce, si spezzavano per il peso della neve. Poi, gli occhi del dottore si posarono su un altro albero, un salice, i cui rami, quando la neve si accumulava su di essi, si piegavano senza rompersi.
Fu in quell’occasione che Akiyama ebbe l’intuizione che lo portò a sviluppare una disciplina basata sulla cedevolezza e sullo sfruttare la forza dell’avversario a proprio favore.
A questo proposito, ricordo che il mio maestro di judo diceva sempre:
“Questo sport è la via della flessibilità, che oltre ad essere fisica è anche mentale perché porta l’inerme a prevalere sul più forte degli avversari”.
Credo che la filosofia del dottor Akiyama sia applicabile anche nella vita: spesso può capitare di trovarsi in situazioni in cui bisogna dimostrare di essere i più forti, i più duri; tuttavia, la resistenza nei momenti difficili non sta nella forza, ma nella capacità di adattarsi alle condizioni in cui ci si trova, utilizzando, se necessario, la forza dell’avversario a proprio vantaggio.
Non a caso, la natura di un judoka è rappresentata dall’acqua. Essa non ha una forma precisa, ma la prende a seconda del recipiente che la contiene. Sono proprio la sua fluidità e la sua capacità di adeguarsi che la rendono indistruttibile.
Il judo, infatti, insegna a piegarsi alla mossa dell’avversario, per poi contrattaccare e vincere.
Per concludere, voglio ricordarvi che a volte assecondare porta a reagire, accettare i propri limiti è il miglior modo per superarli e solo cadendo ci si rialza, più forti di prima.
SCRITTO DA: BENEDETTA, 2G